Description
La Ka’bah, tempio al centro del mondo
Introduzione, traduzione e note dell’orientalista prof. Roberto Tottoli
Prefazione del prof. Angelo Scarabel
L’opera
L’opera Akhbâr Makkah (Tradizioni della Mecca) è la storia sacra di una città sacra. Il proposito del libro di al-Azraqī è infatti fornire ai musulmani una conoscenza della loro città santa. E quindi qualcosa di diverso da una vera e propria storia e molto di più di una storia locale con date e biografie. Dal periodo pre-islamico, ai luoghi meccani in cui si svolge il pellegrinaggio, al-Azraqī riporta tutto quanto è tramandato sia avvenuto, secondo la tradizione, attorno al santuario. L’ordine temporale e il taglio storico sono netti soprattutto per la parte iniziale del testo. Scrivendo nella prima metà del III/ IX secolo, al-Azraqi aveva ben presente, da questo punto di vista, modelli come le opere di Ibn Ishâq, al-Wâqidï e Ibn Saᶜd. Di queste prime forme di storiografia islamica, al-Azraqī conserva tutte le caratteristiche. Il suo scopo è la raccolta di ḥadīth (fatti o detti del Profeta) e soprattutto di khabar (pl. akhbâr tradizioni/ fatti) sui singoli eventi senza aggiungere parola di commento o giudizio. Agli inizi del III/ IX secolo la parola khabar ha ancora un significato piuttosto vasto, tra il letterario e lo storico. Nel secolo precedente, storia e tradizione religiosa erano a tutti gli effetti discipline gemelle. Quando Muḥammad al-Azraqī ibn Ahmad si dedica alla sua raccolta di materiale, le raccolte canoniche di ḥadīth devono essere ancora scritte. Anche da questo punto di vista la posizione di al-Azraqï è particolarmente significativa. La avvenuta nascita di scuole giuridiche con l’opera di Mâlik ibn Anas (m. 179/795) e Shâfi’ī (m. 204/820), e l’attività di Ahmad ibn Hanbal (m. 241/855) che scorre parallela alla redazione delle akhbâr Makkah […]
Nota del traduttore
È qui tradotta una scelta di passi dall’opera Akhbâr Makkah (Tradizioni della Mecca) di Abû al-Walid al-Azraqi. La traduzione è stata condotta sulle due edizioni più importanti del testo che presentano divergenze minime: il primo volume di Wüstenfeld, Die Chroniken der Stadt Mekka, e l’edizione curata da Rushdī aṣ-Ṣalih Malbas. Per permettere al lettore di risalire al testo originale di ogni tradizione tradotta, nelle note abbiamo riportato il riferimento sia all’edizione di Wüstenfeld (indicato con W seguita dal numero della pagina, es.: W:89) sia a quella curata da Malhas (A seguita da volume e pagina, es.: A, 1:105). Il testo tradotto, una scelta di tradizioni tratta soprattutto
dalla parte iniziale delle Akhbâr Makkah, è stato diviso in cinque capitoli che corrispondono,
a nostro avviso, agli argomenti trattati.
Il testo è stato analizzato alla luce delle principali raccolte di hadith (detti e fatti del Profeta), commentari coranici e altre opere di storia. I rimandi alle opere e agli articoli in lingua occidentale offrono al lettore una bibliografia minima per ogni problema accennato a cui risalire per un eventuale approfondimento. Nelle note si è preferito semplificare il testo citando solo il nome dell’autore oppure, in caso di più opere dello stesso autore, il nome dell’autore e una parola del titolo, seguiti dal numero della pagina a cui si rimanda. Tutte le opere citate sono poi riportate nella bibliografia. Le citazioni dalle raccolte di ḥadith (Bukhâri, Muslim, Tirmîdhî, Nasâ’i ecc.) sono fatte seguendo il metodo di Wensinck in Concordance et indices de la tradition musulmane. I versetti coranici sono riportati indicando numero del capitolo e del versetto preceduti dalla sigla Cor. (es.: Cor. 52:4). Le date vengono generalmente riportate sia secondo la numerazione islamica che quella cristiana: un fatto avvenuto nel 150 dell’Egira equivalente al 767 d.c. viene indicato con 150/767. Il Profeta dell’Islam non viene mai menzionato nella forma italianizzata (Maometto) bensì con la trascrizione del nome arabo (Muḥammad).
Infine, un sentito ringraziamento è dovuto al Prof. Giovanni Canova dell’Università di Venezia, per i suoi consigli. Preziosi sono stati pure i suggerimenti, per alcuni passi della traduzione, del Prof. Moheb Saad Ibrahim dell’Università del Cairo. E mio dovere, inoltre, ricordare il prezioso aiuto offerto, a vari livelli, da due amici, Luca Turrini e Massimo Laria.
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